Un solo tiro in 90 minuti, Grifone sempre debole con i forti

30.03.2025 11:45 di  Redazione Genoa News 1893   vedi letture

Più che la casacca gialloblù del Boca sarebbe stata consona una tuta della Croce Rossa. Sì perché secondo inveterata abitudine il Genoa si conferma insuperabile nel rilanciare avversarie in crisi nera, reduci da clamorosi ribaltoni e sull'orlo della crisi di nervi. A Torino il copione è stato aderente in toto ai vaticini della vigilia: ospiti che si battono con onore e non sfigurano affatto, ma regolarmente tornano con le pive nel sacco.

Critici e tifosi amanti dell'accademia scriveranno che la banda di Vieira avrebbe meritato ben altro epilogo, dimenticando però che nel calcio si deve, ogni tanto, provare a buttarla dentro: impresa che ai rossoblù riesce spesso contro le cosiddette provinciali ma quasi mai di fronte alle alfiere dell'ottovolante, specialmente in trasferta.

Vasquez e C. imbrigliano Madama per un quarto di gara concedendole una supremazia neppur troppo marcata a livello territoriale e qualche sporadico tentativo offensivo, peraltro equilibrato da qualche azione decente, però condotta soltanto lontanissimo dalla porta di De Gregorio. Poi, al 25', arriva il patatrac, propiziato da un intervento indebito di Igor Tudor, fresco entrenador bianconero, abile a servire in fretta un suo giocatore per la rimessa laterale. Ed ecco che Vasquez perde lo scontro fisico con Vlahovic, forse andato oltre il regolamentare, e la palla viaggia verso Yildiz,un folletto imprevedibile, capace di procurare l'emicrania ad un De Winter colpevolmente molle e arrendevole e di presentarsi nei pressi di Leali, battuto da un diagonale che un portiere più tonico avrebbe potuto rintuzzare in extremis.

A quel punto, poteva comodamente calare il sipario nel prestigioso teatro subalpino. Questo Genoa basato in mediana sul lento e compassato Onana e indebolito a sinistra dalla coppia Matturro-Miretti (con Martin in castigo per un turno) difficilmente avrebbe raddrizzato il match. Non che la Vecchia Signora mostrasse un gioco scintillante, ma – confusione per confusione – la prodezza di Yildiz poteva bastare per arrivare senza ferite al fischio conclusivo. 

Neppure l'intervallo porta consiglio a Vieira che, forse per la necessità societaria di vedere all'opera qualche elemento in bilico, conferma l'undici iniziale nonostante le difficoltà  incontrate anche a destra, con Zanoli evanescente. La trama genoana è insistente, ma appena la palla supera di quindici metri la linea di metà campo, è come se il terreno diventasse una salita dolomitica. Nello stretto, affiorano gli antichi limiti tecnici dei pedatori genoani, ma anche quelli fisici: i marcatoni di Tudor con una spallata spostano i pesi piuma rossoblù e sventano qualsiasi tipo di minaccia.

Il taccuino del cronista si arricchisce così di un unica iniziativa genoana: cross a mezza altezza di Sabelli e girata perentoria di Pinamonti, ma la sfera esce di mezzo metro. Null'altro da segnalare nonostante il trainer francese provi a ravvivare la manovra dapprima con il baby Venturino (non ancora pronto per certi cimenti) e poi con Malinovskyi (che era da inserire con parecchio anticipo) ed Ekuban: il primo sostituto di Zanoli (e ci può stare) e il secondo di Pinamonti (e qui qualche perplessità è legittima). 

I minuti passano invano, con De Gregorio spettatore non pagante, mentre il suo dirimpettaio Leali, dopo due terzi di match senza eccessivi impegni (gol a parte, ovvio), nel finale deve superarsi per dire di no a Locatelli e Vlahovic: nulla di trascendentale, ma quel tanto da poter scrivere che almeno stavolta la nobile truppa subalpina non ha perpetrato furti.

Così è se vi pare. Il prossimo step che vagheggiano gli afionados genoani è un colpaccio – o almeno un pareggio – in casa di una “big”: quando mai succederà?

                           PIERLUIGI GAMBINO


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